Non so se vi sia mai capitato di essere totalmente rapiti da un’immagine, una statua, una canzone o qualunque altra cosa, tanto da non riuscire a smettere di guardare, leggere, ascoltare…
A me è capitato, qualche anno fa, con il libro della Mazzantini “Non ti muovere” (Premio Strega 2002). Ci siamo incontrati in Autogrill mentre andavo in vacanza in Sardegna. Distrattamente incontro questa copertina su una pila di libri infinita. Mi avrà colpita il colore, la ragazza con gli occhi chiusi…non lo so. So solo che mi ha chiamata. Aggiungi che non aveva avuto il tempo di prendere qualche libro dalla libreria nutrita di mio papà; che era in versione tascabile, perciò comodo per la spiaggia.
Insomma è stato amore a prima vista.
Baia di Chia, paesaggio stratosferico e io comincio…un pugno allo stomaco subito. Inizia infatti con un incidente di una figlia, con la adorata mamma lontana per lavoro e un padre “distante” che invece in quell’ospedale ci lavora.
Un uomo che deve affrontare tutto da solo: assistere alle vite, la sua e quella della figlia, appese ad un filo, decidere cosa, se e come dire alla moglie la notizia, l’attesa frustrante e logorante che riesce a scuotere le stabilità di quei precari equilibri creati, come solo un’evento eccezionale sa fare, rievocando un’antica passione dimenticata …per sopravvivenza.
La storia di un uomo come tanti, di una famiglia come tante, raccontate con la precisione di un chirurgo (come è Timoteo il protagonista): una donna scrive come un uomo la storia di un uomo, di una passione amorosa “bestiale”, triviale, disarmante con un linguaggio crudo, immediato, razionale, a volte osceno.
A distanza di anni mi si è forse sbiadito il contorno preciso della sequenza degli eventi e dei dettagli (non ho mai amato i riassunti) ma non posso dimenticare ciò che mi ha fatto provare leggerlo, quel totale rapimento della mia attenzione; ho pianto, tanto.
Come disse Vivian in “Pretty Woman” dopo aver visto per la prima volta l’opera a teatro: “Mi si sono aggrovigliate le budella”.
Ogni volta che lo spolvero in libreria mi prende ancora un tuffo al cuore, e non posso non annusarlo perché sa di mare e dentro, tra le pagine, c’è ancora qualche granello di sabbia, così mi vengono in mento quelle meravigliose spiagge sarde che gli hanno fatto da cornice.
“Voglio trovare un senso a questa sera / Anche se questa sera un senso non ce l'ha
Voglio trovare un senso a questa vita / Anche se questa vita un senso non ce l'ha
Voglio trovare un senso a questa storia / Anche se questa storia un senso non ce l'ha
Voglio trovare un senso a questa voglia / Anche se questa voglia un senso non ce l'ha
Sai che cosa penso / Che se non ha un senso /
Voglio trovare un senso a questa vita / Anche se questa vita un senso non ce l'ha
Voglio trovare un senso a questa storia / Anche se questa storia un senso non ce l'ha
Voglio trovare un senso a questa voglia / Anche se questa voglia un senso non ce l'ha
Sai che cosa penso / Che se non ha un senso /
Domani arriverà... / Domani arriverà lo stesso
Senti che bel vento“
(Vasco Rossi)
Senti che bel vento“
(Vasco Rossi)
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