domenica 23 marzo 2014

“ALLACCIATE LE CINTURE”



Non sono certo un esperto critico di cinema, ma ciò che so è che i film di Ozpetk dentro di me lasciano sempre il segno.
Sarà stato che sono andata al cinema con le mie sorelle e per la prima volta con mio padre e che questo film ha parlato un po’ anche della storia che abbiamo appena lasciato dietro di noi…di paura, di ospedali tristi, quelli che possono togliere la dignità di una donna, di un uomo. . . ma dove trovi il senso vero delle cose (quanto insegna la compagna di stanza, malata di morte, di solitudine ma che sa il segreto di come si deve vivere la vita, quella che lei per assurdo non potrà più vivere). Sarà stato che me ne aveva appena parlato con tale trasporto il mio “capo” o che ho amato tutti i precedenti lavori di Ozpetek, non lo so. Ma quanto bene mi ha fatto vedere sto film.
Ho riso, ho pianto, ho riso, ho pianto.
Mi è piaciuto perché, diversamente dai precedenti, c’era più normalità, insomma assomiglia molto di più alle nostre vite, alle nostre amicizie, ai nostri pensieri…ti ci puoi ritrovare di sicuro…
Sarà stato sapere cosa significa trovarsi di fronte ad una diagnosi che non vorresti mai sentire, avere paura di una malattia che ci ha solo sfiorati tre volte così da vicino, ma tante e tante volte poco più in là accanto a noi; e questo mi è bastato per demolire completamente le mie difese emotive…
Mi è piaciuto perché dopo neanche un’ora di film, vista l’intensità di immedesimazione, mi sembrava di essere al cinema da ore e di non farcela più a sopportare tanta ipocrisia, tanta sofferenza, tanta verità . . .
Poi quel passare dal riso al pianto, insomma mi sono alzata da quella poltrona rossa di velluto e ho capito il “mio” senso del titolo: attenti state montando sulle montagne russe, allacciate le cinture!
Si perché lo stomaco era sottosopra per davvero.
Non so se è questo il significato voluto dal regista, non so se lo sia neanche  il modo in cui ho  interpretato questa storia “spezzata” (diversamente da come l'hanno interpretata altri). Di solito io non mi informo per nulla prima di andare a vedere un film o leggere un libro (l’unica informazione necessaria per un film è che non ci siano ragni per il resto accetto tutto!) perché punto tutto sull’effetto sorpresa: voglio vederlo/leggerlo con gli occhi miei, non voglio crearmi aspettative, voglio e spero di essere colpita. 
E con Ozpetk, a volte più a volte meno, ma mi è sempre successo.
Adoro la sua regia dei dettagli: uno sguardo, un movimento minuscolo, banale che diventa unico: come la mano infarinata sul corri mano delle scale in una rincorsa disperata (La finestra di fronte), o del bicchiere che rotola e non si rompe (Le fate ignoranti) o due piedi che si incontrano e fermano uno sopra l’altro per unirsi…
E poi vogliamo parlare della musica, il tema centrale che irrompe solo alla fine quando sei in piena “digestione” perché tutto è già stato detto, pianto, vissuto...

"Ma dammi la mano e torna vicino

Può nascere un fiore nel nostro giardino
Che neanche l'inverno potrà mai gelare
Può crescere un fiore da questo mio amore per te

E a mano a mano vedrai che nel tempo

Lì sopra il suo viso lo stesso sorriso
Che il vento crudele ti aveva rubato
Che torna fedele
L'amore è tornato"

(Rino Gaetano - A mano a mano)

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