Non sono certo un esperto critico di cinema, ma ciò che so è
che i film di Ozpetk dentro di me lasciano sempre il segno.
Sarà stato che sono andata al cinema con le mie sorelle e
per la prima volta con mio padre e che questo film ha parlato un po’ anche della
storia che abbiamo appena lasciato dietro di noi…di paura, di ospedali tristi,
quelli che possono togliere la dignità di una donna, di un uomo. . . ma dove
trovi il senso vero delle cose (quanto insegna la compagna di stanza, malata di
morte, di solitudine ma che sa il segreto di come si deve vivere la vita,
quella che lei per assurdo non potrà più vivere). Sarà stato che me ne aveva appena
parlato con tale trasporto il mio “capo” o che ho amato tutti i precedenti lavori
di Ozpetek, non lo so. Ma quanto bene mi ha fatto vedere sto film.
Ho riso, ho pianto, ho riso, ho pianto.
Mi è piaciuto perché, diversamente dai precedenti, c’era più
normalità, insomma assomiglia molto di più alle nostre vite, alle nostre
amicizie, ai nostri pensieri…ti ci puoi ritrovare di sicuro…
Sarà stato sapere cosa significa trovarsi di fronte ad
una diagnosi che non vorresti mai sentire, avere paura di una malattia che ci
ha solo sfiorati tre volte così da vicino, ma tante e tante volte poco più in
là accanto a noi; e questo mi è bastato per demolire completamente le mie difese
emotive…
Mi è piaciuto perché dopo neanche un’ora di film, vista
l’intensità di immedesimazione, mi sembrava di essere al cinema da ore e di non
farcela più a sopportare tanta ipocrisia, tanta sofferenza, tanta verità . . .
Poi quel passare dal riso al pianto, insomma mi sono alzata
da quella poltrona rossa di velluto e ho capito il “mio” senso del titolo:
attenti state montando sulle montagne russe, allacciate le cinture!
Si perché lo stomaco era sottosopra per davvero.
Non so se è questo il significato voluto dal regista, non so
se lo sia neanche il modo in cui ho interpretato questa storia “spezzata” (diversamente
da come l'hanno interpretata altri). Di solito io non mi informo per nulla
prima di andare a vedere un film o leggere un libro (l’unica informazione
necessaria per un film è che non ci siano ragni per il resto accetto tutto!)
perché punto tutto sull’effetto sorpresa: voglio vederlo/leggerlo con gli occhi
miei, non voglio crearmi aspettative, voglio e spero di essere colpita.
E con
Ozpetk, a volte più a volte meno, ma mi è sempre successo.
Adoro la sua regia dei dettagli: uno sguardo, un movimento
minuscolo, banale che diventa unico: come la mano infarinata sul corri mano delle
scale in una rincorsa disperata (La finestra di fronte), o del bicchiere che
rotola e non si rompe (Le fate ignoranti) o due piedi che si incontrano e
fermano uno sopra l’altro per unirsi…
E poi vogliamo parlare della musica, il tema centrale che
irrompe solo alla fine quando sei in piena “digestione” perché tutto è già stato
detto, pianto, vissuto...
"Ma dammi la mano e torna vicino
Può nascere un fiore nel nostro giardino
Che neanche l'inverno potrà mai gelare
Può crescere un fiore da questo mio amore per te
E
a mano a mano vedrai che nel tempo
Lì sopra il suo viso lo stesso sorriso
Che il vento crudele ti aveva rubato
Che torna fedele
L'amore è tornato"
(Rino Gaetano - A mano a mano)